Guido Festinese - Il Giornale della Musica
L’inquieto atelier siciliano della creatività guidato da Francesco Cusa ci ha abituato a svolte e piroette musicali ai limiti dell’azzardo. Sempre alla ricerca di una liberazione dalle catene mainstream del jazz, e con un tasso di invenzione paragonabile, mutatis mutandis, a quanto scaturisce nei laboratori del suono di John Zorn. Succede così che ogni blocchetto di uscite della Improvvisatore Involontario diventa una sfida all’ascoltatore, ma una sfida che vale sempre la pena di affrontare. Si può restare delusi o entusiasmati, mai indifferenti. Per Jacques Lacan, a True Musical Story ( dove già la “vera” storia musicale indicata è da prendersi con le molle) l’ormai rodato ensemble Skrunch cerca un possibile racconto in musica della rapsodica, inquietante opera di Lacan. L’idea centrale è stata quella di sdoppiare il disco in due metà speculari, con gli stessi quattro brani affrontati prima da un eccellente sestetto elettrico, poi da un duo vocale (filtrato nelle maniere più avventurose) con l’aggiunta della batteria di Cusa e dell’elettrica di Giacomo Ancillotto. La prima sezione sfiora roventi temperature jazz funk, con un orecchio di riguardo a certi percorsi di Ornette Coleman, la seconda è vicina a certi spasmi convulsi no wave delle avanguardie che furono, forse un po’ stucchevole, ad un ascolto reiterato. Batteria e percussioni di Cusa tornano, in primo piano, in Skinshout / Caribbean Songs, dove però è protagonista l'immensa voce di Gaia Mattiuzzi. L'idea di fondo è stata quella di prendere un buon numero di registrazioni “sul campo” curate da Alan Lomax, purissime scintille afroamericane legate perlopiù alle musiche di trance d'Africa, e reinterpretarle lasciando spazio all'improvvisazione, con lievi aloni d'elettronica. In due brani i tamburi sono quelli di Dario Defilippo, ripresi dal vivo in Slovenia. Progetto affascinante, e legittimo tanto quanto l'ennesima indagine su uno “standard” jazzistico, in fondo. In più c'è la palpitante ricchezza della voce di Mattiuzzi, che oggi in Italia può avere confronti, in questo campo, solo con certe indagini condotte da Esmeralda Sciascia. La terza uscita dell'etichetta siciliana è Tetraktys, nuovo progetto del chitarrista Paolo Sorge, uno degli sperimentatori più interessanti della Penisola. Qui Sorge ha riunito un quartetto di chitarre elettriche, ed ha concepito uno spazio sonoro libero dove fluiscono senza soluzione di continuità scrittura ed improvvisazione, libertà e rigore, gioco sui puri timbri e ricerca armonica. Le dediche vanno a chi ha già percorso strade simili, Elliott Sharp e Fred Frith, ma aggiungeremmo anche certi sinuosi, ossessivi percorsi sperimentati da Robert Fripp con formazioni simili. E' un buon modo per uscire dal solipsismo “eroico” e vacuo della sei corde solistica tante volte stigmatizzato da Frank Zappa, uno che di chitarre elettriche se ne intendeva.
Guido Festinese